Fiducia e capacità manageriali nel momento di crisi

Fiducia e capacità manageriali nel momento di crisi

Nessuno l’avrebbe mai pensato, ma ci ritroviamo nel 2020 reclusi, in allarme, indifesi, fragili e  spaventati. Le motivazioni ci sono tutte e, senza cadere nel catastrofismo, ci vorrà parecchio tempo per riprendersi dalla #crisi provocata dal #Covid-19. Crisi sanitaria, economica, sociale e anche esistenziale. Mattone dopo mattone dovremo ricostruire e ricostruirci, come persone e come società in tutte le sue componenti. 

Cosa fanno le #aziende davanti a questa situazione nei confronti dei propri collaboratori? 

Le aziende già abituate allo #smartworking hanno da subito attivato per molti questa opzione sin dai giorni dei primi contagi. Altre lo hanno fatto solo su alcune popolazioni aziendali; mano a mano che i dati rilevavano un costante incremento hanno proceduto ad avviare la modalità da remoto, anche senza accordi o particolari infrastrutture, . 

Questo passo non è scontato: molti lo vedono come l’unica concreta possibilità per continuare  a contribuire all’attività aziendale in sicurezza. Essere a proprio agio nel lavoro a distanza non è immediato e, proprio per questo,  abbiamo l’occasione per affrontare questo momento trasformandolo in opportunità di crescita. 

Istituire il lavoro a distanza da un lato, e usufruirne dall’altro, comporta un’assunzione di responsabilità molto importante, un patto di #fiducia e un grande senso di #partecipazione e  #commitment che prescindono dalla presenza costante di colleghi e responsabili. Tutto ciò può funzionare se esiste questo patto di fiducia, costruito nel tempo, nei contenuti e nella #relazione.

Come fanno imprenditori, manager e direttori a favorire questo patto? E trattandosi di una dimensione di reciprocità, come fanno i collaboratori a sentirsi “a bordo”? Come fanno tutti a sostenere l’ #engagement?

Mai come in questa situazione il senso di #appartenenza e l’allineamento ai #valori e alla #mission aziendali emergono prepotentemente. Da casa, mancando il contatto diretto, per aumentare il proprio senso di appartenenza c’è bisogno di partecipare, portare proattivamente idee e proposte; da casa, ancora di più, c’è bisogno di “stare connessi”, prendere iniziative, chiedere confronto, comunicare. Sentirsi parte di un qualcosa di più grande.

E il #manager, dal canto suo, avrà bisogno di coinvolgere: da un lato con strumenti concreti (call, riunioni virtuali, allineamento a distanza, file sharing), dall’altro imparando a “lasciar andare” il controllo, stabilendo dei momenti di allineamento esprimendo apertamente le aspettative e dando feedback chiari. In questo modo stimolerà nei collaboratori l’autonomia e il senso di responsabilità e svilupperà in sé la capacità di essere guida e punto di riferimento. Elementi necessari in generale e, in particolare, per questo momento.  Una grande occasione per costruire la #coesione, il senso di partecipazione e l’allineamento ai valori comuni.  

Certo, siamo abituati a costruire il team nel contatto diretto, vivendo e confrontandoci costantemente e, in questo caso, venendo a mancare proprio questo contatto siamo in assenza del collante principale.

E’ possibile andare oltre la presenza fisica e cogliere la sfida che ci troviamo davanti.  Lo si può fare organizzando momenti di confronto da remoto, facendosi sentire “vicino” al gruppo, mandando messaggi di presenza per stimolare la partecipazione e incoraggiare l’auto organizzazione. La tecnologia ci supporta, abbiamo tutti gli strumenti di cui necessitiamo per restare vicini anche nella lontananza. 

Un ultimo aspetto legato alla competenza personale è la #resilienza: lo smart working è generalmente organizzato a giornate alterne, quindi nella settimana ci sono sempre momenti in cui ci si reca in ufficio e si riprendono i contatti con i colleghi. In questa situazione l’ alternanza viene a mancare e quindi possono sopraggiungere noia, demotivazione, assenza di stimoli, anche distrazioni provenienti dalla vita di casa. In certe situazioni lavorare può risultare più difficile e l’assenza di contatti diretti può abbattere il morale e la capacità di #automotivarsi. Consideriamo anche le continue notizie poco confortanti che ascoltiamo dai notiziari e on line. L’atmosfera non aiuta a concentrarsi e gli #obiettivi aziendali possono diventare di più difficile comprensione o accettazione. E questo può accadere a ogni livello. 

La capacità di riprendere in mano la situazione, superare i momenti di sconforto, è determinante per rimanere focalizzati. Scegliere un’azione al giorno che sostenga la resilienza (un esercizio fisico o di distrazione mentale; una pratica di #mindfulness, una telefonata al collega, al responsabile, al mentor o al proprio coach, per esempio) è un gesto saggio, che non rappresenta una perdita di tempo, ma una scelta consapevole di qualcosa che sappiamo ci sostiene. E ammettiamolo, è una buona occasione per rafforzare i legami, piuttosto che allentarli nell’isolamento. 

In sintesi, supereremo questa sfida nelle nostre aziende se sapremo e vorremo sostenere il “TRUST”, (Paul J. Zak, Ph.D.,  Trust Factor: The Science of High-Performance Companies), quel patto che ci lega al gruppo, all’azienda, alle persone con cui condividiamo fatiche e soddisfazioni, obiettivi e risultati, sfide e opportunità. 

Gli argomenti per manager e #imprenditori ci sono: restare uniti, credere in una nuova ripresa, progettarla concretamente aprendo la mente a nuove prospettive; contare sulle proprie capacità e su quelle del gruppo, che è distante ma c’è e può uscirne ancora più forte.

Così trasformiamo questa esperienza in un’opportunità, in un momento di forte unione e solidarietà, di costruzione di una fiducia che poi lascerà il suo segno.

Read More

Il potere della connessione umana

Il potere della connessione umana

Abbiamo già affrontato il tema della “felicità al lavoro”. Oggi trattiamo un nuovo aspetto dello stesso tema, ovvero, passare dal sè e da tutti quegli aspetti che riguardano la realizzazione personale, alla relazione con gli altri, aspetto fondamentale e spesso critico all’interno delle organizzazioni.
Il gruppo, la squadra, il contributo del singolo, la sinergia, il conflitto; nelle aziende sono argomenti di grande attualità e continuo dibattito. Siamo tutti consapevoli della teoria, ovvero di quanto sia necessaria la collaborazione, l’ascolto, l’efficacia comunicativa, ma poi cadiamo ogni giorno nelle stesse dinamiche.
Mi piace fare riferimento al libro di Daniel Coyle, “The culture code”. La sua teoria, emersa dopo anni di ricerche e sperimentazioni, nasce dall’idea che ci siano gruppi che “funzionano” più di altri, che sono riusciti a trovare la formula giusta. E quindi quali sono le caratteristiche di questi gruppi? E qual è la formula?
Secondo Daniel Coyle “l’alchimia” dell’efficacia del team sta nella cultura che i leader diffondono all’interno dei gruppi di lavoro e in alcuni elementi presenti in tutte le aziende che ha incontrato e che ottengono alte performance con anche alti livelli di soddisfazione delle persone. Gli ingredienti principali di questa cultura:

  1. Sicurezza: sentire che si è un un ambiente sicuro e in cui la fiducia reciproca è alta
  2. Rischio condiviso: sfide e rischi vengono affrontati insieme, con senso di responsabilità diffuso e reale supporto
  3. Costruzione attiva di un “storia” comune, di obiettivi creati, condivisi e partecipati da tutto il team

 

Per diffondere questo tipo di cultura il leader e tutte le persone hanno bisogno di uno shift importante, dove l’autenticità e la capacità umana di connettersi all’altro diventino il primo skil da sviluppare. E il tema della relazione è protagonista.
Relazione capo-collaboratore, tra colleghi, tra staff e direzione, tra pari, una rete di quotidiani scambi che spesso diventa faticosa e motivo di livelli di stress molto elevati.
Nelle aziende spesso i motivi di frustrazione sono legati alle difficoltà relazionali, a pesantezza del clima, tensione, scarsa fiducia diffusa e conflitto esplicito o latente. Esattamente il contrario di ciò che Daniel Coyle sostiene nel suo libro.

Quali sono dunque  le abilità da coltivare?

La prima è la nostra prima caratteristica di Esseri umani, la capacità di “connettersi” all’altro e dialogare a un livello diverso da quello che normalmente ci concediamo al lavoro. Dalla fretta e al focus esclusivo sul risultato tangibile, abbiamo bisogno di passare a un livello più autentico di contatto umano, che oltre alla performance guarda ai bisogni delle persone. Ogni volta che dimenticheremo che il collaboratore o il capo è una “persona” prima che un ruolo, metteremo da parte quell’aspetto tipicamente umano che è la chiave per incontrarsi veramente e, di conseguenza, ottenere coesione e performances veramente efficaci.
E’ molto difficile parlarsi e lavorare con questo livello di connessione; implica lavorare molto su di sé, sulle proprie emozioni, sui bisogni, sulle convinzioni che spesso ci impediscono di essere autentici, ma come tutte le sfide importanti, che non sono esenti da fatica e impegno, portano grandi risultati se il nostro desiderio è davvero quello di essere protagonisti di un grande cambiamento culturale. Cosa ci serve?

  • capacità di ascoltare: ascoltare in modo “sensoriale” ovvero aprendo oltre alla mente anche tutti i canali paralleli, l’osservazione, il “sentire” delle emozioni e dei messaggi corporei, un ascolto profondo che ci consente di entrare nel mondo dell’altro frenando la voce del giudizio
  • capacità di sentire e regolare le emozioni: rabbia e frustrazione spesso ci abbagliano; ascoltare queste emozioni e sfruttare l’energia che muovono all’interno facendole uscire in modo costruttivo può portare grandi cambiamenti nelle relazioni con l’altro. Fermarsi e respirare profondamente.
  • capacità di esprimere le emozioni: autorizziamoci a dire ciò che proviamo. Nessuno può negare le nostre emozioni, mentre molti possono opporsi alle nostre opinioni.
  • apertura mentale: il nostro cervello è straordinario ma a volte ci limita fortemente; alleniamoci a accogliere idee diverse e invece che distruggerle, esploriamole, facciamo domande, rendiamo più ricca la nostra esperienza cognitiva quotidiana. Ogni nuova idea è uno stimolo per elaborare soluzioni diverse. Se ci trinceriamo dietro alla barricata delle nostre convinzioni perdiamo una grande opportunità di crescita.
  • visione e capacità di osservare dall’alto: se si rimane troppo concentrati sul micro si perde il senso della continuità, della vision, del futuro. Il lavoro è tanto e la quotidianità è frenetica, ma nell’organizzazione settimanale di un team è fondamentale un momento di promozione della cultura di quadra, di organizzazione collettiva, di condivisione di difficoltà, successi, volontà comuni. Combattiamo l’idea che non ci sia il tempo per trovarsi, consideriamo questo aspetto una priorità.

 

La posta è troppo importante per dimenticarsi che siamo esseri umani prima di tutto, lo scopo è il benessere e la salute psicofisica di tutti noi.
Gli strumenti che possono aiutarci in questo shift culturale sono tanti. Il primo, in ogni caso, è sfruttare le nostre abilità tipicamente umane, tornare a noi e a quello che siamo davvero.

Read More

Daniela Ferdeghini

PCC Coach - Trainer - Hr Consultant M. +39 347 5707022 | E. daniela.ferdeghini@verdemeta.it | Skype daniela.ferdeghini